L’insegnamento come dialogo
Mettere al centro le relazioni e creare connessioni
Mettere al centro le relazioni e creare connessioni che durano nel tempo. È con questo spirito che Federica Limonta, Fellow 2023 di Teach For Italy, ha affrontato i due anni di insegnamento presso il Ciofs (Centro di Formazione Professionale) di Milano. Laureata in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane, ha scelto di portare in aula un’idea di scuola che non si limiti alla trasmissione di contenuti, ma che accompagni ogni ragazzo e ragazza nel riconoscere il proprio valore.
Nel corso della Fellowship con Teach For Italy, Federica ha appreso quanto il vero apprendimento nasca quando si è percepiti, accolti e ascoltati. Che insegnare significa anche imparare a portare con sé, ogni giorno, la complessità e le emozioni di centinaia di studenti e studentesse. E che l’aula può diventare un laboratorio di consapevolezza e di futuro.

Guardando ai tuoi due anni di Fellowship, quali sono i cambiamenti più significativi che hai visto nei tuoi studenti e studentesse?
Il percorso di crescita richiede tempo ma dopo due anni vedo già alcuni cambiamenti significativi. Da quando ci siamo conosciuti hanno imparato a fidarsi degli insegnanti e dei compagni, comprendendo l’importanza del dialogo e della riflessione.
A. racconta spesso della sua scuola in Egitto, molto diversa da quella italiana. Dopo un confronto tutti insieme, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, A. si commuove, si alza davanti a tutti e va ad abbracciare la preside perché “in Egitto non si parla di queste cose”. Non si dà spazio alla libertà di espressione né ai diritti umani, tanto meno a quelli di donne e bambine. Con difficoltà A. prova e riprova a raccontarmi le sue esperienze, a dimostrarmi quanto sia riconoscente e felice delle opportunità che l’Italia e questa nuova scuola le stanno dando. In Egitto la scuola è una mera trasmissione di nozioni, gli insegnanti sono distanti e intoccabili, l’educazione passa anche attraverso punizioni corporali. “Qua no prof.”
Come sono cambiati il tuo approccio e la tua prospettiva sull’insegnamento dal primo giorno in aula a oggi? C’è qualcosa che hai scoperto su te stessa che non ti aspettavi?
Quando ho iniziato non avrei mai immaginato che la difficoltà più grande sarebbe stata tornare a casa ogni giorno con addosso la vita e le emozioni di centinaia di ragazzi. Ho capito che la loro priorità non sono le materie scolastiche ma imparare a navigare nel mondo senza farsi sopraffare dai loro stati d’animo, dalle storie personali e dalla complessità del periodo storico in cui vivono.
Allo stesso modo anche per me tutto questo è da insegnamento: ho imparato e sto imparando a trovare il giusto equilibrio tra empatia e distacco, vicinanza emotiva e strumenti concreti per permettergli di affrontare il loro futuro.
Insegnare ai ragazzi vuol dire da un lato considerare l’unicità di ognuno di loro, riflesso di esperienze personali, tratti caratteriali e contesti di vita diversi, dall’altro significa accorgersi di quelle caratteristiche che accomunano gli adolescenti in quanto tali. Ascoltarli mi permette di scoprire il loro mondo e di guidarli con maggiore sicurezza.
La Fellowship di Teach For Italy ha messo in evidenza l’importanza della comunità e della collaborazione. Come ha influito questo aspetto sul tuo modo di lavorare e relazionarti con colleghi e studenti?
La fiducia in se stessi e negli altri è uno degli obiettivi più importanti nel percorso educativo che ho intrapreso con i miei studenti. Ogni attività che porto in classe spinge i ragazzi a sviluppare un senso di comunità all’interno della scuola e della società.
Il contesto cittadino e le vite virtuali che vivono online spesso ostacolano la consapevolezza di essere parte di un sistema più grande, in cui ognuno ha diritti e doveri. Per questo motivo, io e i miei colleghi cogliamo ogni occasione per mettere in contatto gli studenti con la realtà esterna, invitando a scuola rappresentanti di enti locali oppure accompagnando i ragazzi a esplorare il territorio.
Anche le lezioni in classe non sono mai fini a se stesse ma mirano sempre a potenziare competenze sociali e relazionali. Se impariamo il Simple Present ci chiediamo sempre “a cosa serve nella vita quotidiana? Dove e come posso usarlo per raggiungere i miei obiettivi?“.
Ora che il tuo percorso di Fellowship sta per concludersi, come immagini il tuo futuro professionale e il tuo impatto come Alumna di Teach For Italy?
Dopo il percorso di Fellowship continuerò sicuramente a insegnare con gli stessi principi che fin dal primo momento mi hanno fatto avvicinare a Teach For Italy. I prossimi anni di insegnamento mi aiuteranno ad acquisire sempre maggiore consapevolezza e sicurezza nel mio ruolo di docente ed educatrice.
Allo stesso tempo non escludo la possibilità di allargare i miei orizzonti e prendere parte a iniziative o progetti che mi permettano di tenermi aggiornata e di esplorare l’adolescenza in altri contesti, al di fuori della scuola.
In questi due anni di Fellowship ho lavorato molto sulle mie capacità di leadership e mi sono convinta sempre di più che se una persona sa “guidare” gli altri, potenzialmente può insegnare qualsiasi disciplina o quanto meno può dare un grande contributo in qualsiasi settore. Il punto di partenza rimangono sempre le persone che si hanno di fronte, con le loro necessità, il loro vissuto e le loro potenzialità. Facendo leva proprio sulle loro potenzialità, la meta finale da raggiungere anche per loro è la leadership individuale e collettiva, ossia sviluppare consapevolezza, senso di possibilità e autopromozione.
Penso che la Fellowship di Teach For Italy sia un’esperienza unica per chi insegna da anni ma anche per chi, come me, non ha mai insegnato prima di candidarsi. La maggior parte delle persone è abituata fin da piccola a lavorare su di sé e l’obiettivo da raggiungere sembra essere un’indipendenza totale da chiunque o da qualsiasi forma di supporto. Il confronto con altri viene spesso percepito come una debolezza, soprattutto in ambito lavorativo. L’esperienza di Fellowship, fin dalle prime settimane di Summer School, ti spinge a sradicare questa idea di lavoro e a scoprire i vantaggi della collaborazione.
Conoscere e stringere legami con i Fellow che vivono in parti diverse dell’Italia e che sono cresciuti in contesti differenti dal tuo ti porta a ripensare alle tue abitudini, la tua formazione e la tua idea di insegnamento. Creare rete e confrontarmi con i Fellow vuol dire avere delle persone che mi spingono a uscire dalla mia zona di comfort per esplorare soluzioni a cui non avrei mai pensato da sola. Vuol dire avere qualcuno pronto ad ascoltarmi e a offrirmi un’altra prospettiva con cui guardare il mio contesto scolastico, le mie classi o anche quel singolo studente che non riesco ad aiutare. Vuol dire mettermi alla prova, sperimentare e restituire le mie esperienze a un gruppo di persone pronto ad ampliare il mio racconto, a completarlo o anche a stravolgerlo.
I Fellow e il team di Teach For Italy mi ricordano costantemente i miei doveri in quanto insegnante ma anche e soprattutto i miei diritti. L’esperienza di Fellowship mi ha arricchita come docente e come persona, permettendomi di scoprire le mie priorità a scuola e nella mia vita personale. Mi ha aiutata a vedere il bicchiere mezzo pieno e a condividerlo con gli altri, sia interni alla comunità Teach For Italy, che colleghi di lavoro esterni.
Federica Limonta
Fellow 2023 – Teach For Italy
