Insegnare al Sud: una sfida e un’opportunità
Ripensare la scuola partendo dagli spazi fisici
Simona Galletta, Fellow 2024 dell’iniziativa di Teach For Italy “Modello Sud e Isole“, ha accettato la sfida di insegnare in un contesto complesso e di portare quel cambiamento partendo proprio dalle periferie del Sud Italia. Nel suo caso specifico parliamo della regione Sicilia. In questa intervista Simona ci racconta della sua Sicilia, delle difficoltà, delle soddisfazioni, di spazi aperti a misura di ragazz*.
Con lei parleremo del valore della comunità educante, dell’importanza di fare rete tra docenti e di come, con passione e dedizione, sia possibile trasformare anche i contesti più difficili in occasioni di crescita e cambiamento.
Ne abbiamo parlato con Andrea Bernardini che ci ha raccontato come è nata l’idea di “Oreste”, il valore dell’arte nell’educazione e l’impatto che questo cortometraggio ha avuto sui ragazzi e le ragazze e sulle loro prospettive future.

Cosa significa per te insegnare in un contesto sfidante?
Insegnare in un contesto come quello in cui mi trovo significa essere consapevoli che il mio ruolo va oltre la semplice trasmissione del sapere. Non si tratta solo di interfacciarmi con studenti e colleghi, ma di entrare davvero nel contesto, comprendere le esigenze di chi ho di fronte e adattarmi a situazioni che si manifestano in modo diverso rispetto ad altre realtà scolastiche.
Una delle risorse fondamentali che metto in campo è la comunicazione: parlare, ascoltare e comprendere le motivazioni dietro determinati comportamenti. Ho imparato a non fare troppe domande dirette, perché molti ragazzi e ragazze hanno già un vissuto complesso alle spalle. Empatia, confronto e organizzazione sono strumenti imprescindibili nel mio lavoro, con piani A, B, C e oltre, pronti ad adattarsi alle necessità quotidiane.
Quanto il territorio e il contesto socioeconomico influenzano le opportunità di un* bambin*?
“Moltissimo. In alcuni casi è difficile anche solo accedere alle risorse del territorio: biblioteche distanti, trasporti pubblici inefficienti, servizi poco pubblicizzati. C’è anche una diffusa diffidenza nei confronti delle istituzioni.
Allo stesso tempo, ci sono tante iniziative dal basso, nate proprio per rispondere ai bisogni della comunità. Tuttavia, se non si conoscono queste opportunità, non se ne può beneficiare. Per questo è fondamentale lavorare sulla comunicazione con le famiglie, per rendere la scuola un ponte tra il territorio e le opportunità disponibili.
Quali strumenti e strategie hai adottato per costruire un dialogo con student* e famiglie?
Punto sulla trasparenza e sull’empatia. Il mio approccio è informale ma rispettoso: dico sempre ai ragazzi che, se hanno un problema, ne possiamo parlare insieme e trovare una soluzione. Con le famiglie cerco di stabilire un rapporto basato sulla fiducia, anche attraverso incontri informali come un semplice caffè.
Un altro aspetto fondamentale è lo studio del contesto. Ho letto documenti scolastici, comunali e regionali per comprendere le dinamiche locali. Mi confronto costantemente con colleghi esperti per conoscere la storia della scuola e del quartiere. L’organizzazione e la capacità di adattarsi alle esigenze del territorio sono elementi chiave.
In che modo Teach For Italy ti ha supportato nel tuo percorso?
Mi ha fornito strumenti pratici, ma soprattutto una rete di supporto. Il confronto con docenti provenienti da tutta Italia e un team di riferimento disponibile sono stati fondamentali. Spesso il lavoro dell’insegnante può essere solitario, ma sapere di poter contare su una rete è un enorme valore aggiunto.
Teach for Italy mi ha aiutata a trovare strategie per affrontare momenti difficili, fornendomi consigli concreti per affrontare sfide quotidiane. Questo supporto mi permette di portare avanti piccole rivoluzioni nella mia scuola, con un impatto che si estende ai ragazzi, alle famiglie e all’intera comunità.
Se potessi mandare un messaggio a chi non crede che la scuola possa cambiare il futuro di un bambin*, cosa diresti?
Gli chiederei, ‘Perché?’. È possibile che ci si dimentichi cosa significa essere bambini e vivere la scuola? La scuola è la base della democrazia, del pensiero critico e della crescita personale. Non possiamo pensare che non abbia un ruolo fondamentale nel futuro dei ragazzi.
Un esempio concreto? Un mio studente brillante, ma completamente disinteressato alla scuola, aveva interiorizzato un modello familiare in cui lo studio non era considerato importante. Dopo un colloquio con il padre, lui stesso ha riconosciuto di non aver mai creduto in sé, ma di sperare che il figlio potesse farlo. Questo momento di consapevolezza ha cambiato il modo in cui lo studente si rapporta alla scuola: oggi sa che qualcuno crede in lui, e questo lo motiva a impegnarsi.
Questa è la scuola. Dare fiducia, riconoscere il valore di ogni ragazzo e costruire il futuro, un passo alla volta.
Il tuo ruolo come docente-Fellow TFI in questa scuola è di aprire/promuovere il dialogo della scuola verso l’esterno, con la Comunità Educante in relazione ai bisogni che riscontri nella scuola: che cosa significa?
Sicuramente è un lavoro complesso, perché è un ruolo complesso quello che rappresento. Una delle prime cose delle quali mi occupo è la creazione di spazi di confronto e collaborazione. Spazi fisici dove incontrarsi tra docenti e con tutta la comunità educante per parlare e confrontarsi. Ma parlo anche di spazi non fisici, cioè il collegamento delle reti: confrontarmi con il territorio, cercare delle realtà che possano essere interessate alla scuola e viceversa.
Sto avviando avviando un primo progetto legato alla biblioteca della scuola. La mia speranza più forte è che questa biblioteca diventi un presidio sociale e culturale. Uno luogo che venga riconosciuto dalla comunità e dal territorio. Uno spazio di collaborazione, di confronto, di organizzazione di laboratori di tutto quello che gli studenti e le studentesse vogliono per loro. Quindi la base del mio lavoro è quella di cercare anche modi creativi per trasformare quello che già si ha.
Spesso non ci rendiamo conto che due scaffali in un angolo possono essere una biblioteca. Mi sento un po’ mediatrice e un po’ alla ricerca di soluzioni pratiche come degli spazi fisici in cui fare.
Sarebbe bellissimo se, per esempio, le mamme e i papà venissero a scuola a leggere ad alta voce ai loro figli, agli amici dei loro figli. Rappresenterebbe un momento di crescita della famiglia, della scuola e degli studenti. E questo è un po’ quello che cerco di fare ogni giorno.
Simona Galletta
Fellow 2024 – Teach For Italy
