“Oreste”: storie di riscatto e speranza tra i banchi di scuola
Intervista ad Andrea Bernardini, regista del corto insieme a Matteo Comito e Alumno di Teach For Italy
Con le sue contraddizioni e sfaccettature Napoli fa da sfondo a Oreste, il cortometraggio nato tra i banchi della Scuola del Fare grazie all’impegno di Andrea Bernardini, Alumno di Teach For Italy, e Matteo Comito, docente Fellow di Teach For Italy.
Un percorso durato mesi in cui studenti e studentesse hanno voluto raccontare la complessità e le sfide legate al proprio territorio. Un corto che ha trasformato la scuola in un laboratorio di creatività e crescita personale. Attraverso la scrittura, la recitazione, la fotografia e la musica, ragazze e ragazzi hanno potuto raccontare il loro mondo, le sfide quotidiane e la loro voglia di riscatto.
Il progetto ha coinvolto un’intera comunità educante: student*, insegnanti, professionist* del cinema e della musica, realtà del territorio e partner come Wildside – Fremantle, Fondazione Riva e BNL-BNP Paribas, fino ad arrivare alla presentazione alla Festa del Cinema di Roma.
Ne abbiamo parlato con Andrea Bernardini che ci ha raccontato come è nata l’idea di “Oreste”, il valore dell’arte nell’educazione e l’impatto che questo cortometraggio ha avuto sui ragazzi e le ragazze e sulle loro prospettive future.

Com’è nata la storia di “Oreste”? C’è stato un momento o un evento particolare che ha ispirato te e Matteo?
La spinta è partita dalle quotidiane attività di didattica durante le quali è emerso il bisogno dei ragazzi di esprimersi e comunicare il mondo attraverso nuove forme. Con percorsi di vita e formazione diversi, io e Matteo siamo uniti dalla stessa passione per l’arte e i suoi linguaggi, intesa come esperienza necessaria, a nostro avviso, in qualsiasi percorso educativo, didattico e formativo. Abbiamo potuto sperimentare in classe e fuori un’espressione ricorrente nella comunicazione dello stato d’animo ed emotivo dei ragazzi: song sfasteriato (Sono insofferente/scocciato).
Da qui siamo voluti partire. Questa condizione ci appariva comune e volevamo avviare un percorso di esplorazione e indagine che rendesse i ragazzi protagonisti nella ricerca di nuove parole e linguaggi per esprimere questa costante del loro stato d’animo, affinché potesse trovare nuove sfumature ed evoluzioni. Ci sembrava fondamentale anche riempire il vuoto pomeridiano che spesso pervade le loro vite e rendere la scuola un vero presidio sociale che potesse essere vissuta il pomeriggio.
Quali sono state le principali fasi di scrittura e produzione del corto? Ci sono stati momenti di difficoltà o sorprese durante il percorso?
Il corto è stato scritto e recitato dai ragazzi, strutturato in una prima fase di stesura della sceneggiatura grazie all’aiuto di Maurizio Braucci, una seconda fase teatrale in cui i ragazzi hanno imparato a muoversi su un palco e a gestire la comunicazione verbale, para-verbale e non verbale, una terza fase relativa alla fotografia e all’importanza della narrazione grazie a Mario Spada ed Elio di Pace, una quarta fase di musica all’interno della quale è stato composta la colonna sonora insieme al rapper napoletano Lucariello, una quinta e ultima fase di registrazione/produzione del cortometraggio (includendo trucco, luci e parte tecnica).
Per offrire ai ragazzi un’esperienza altamente professionale e arricchente e allo stesso tempo realizzare un prodotto di alta qualità, il percorso di formazione è stato accompagnato dalla casa di produzione Wildside (del gruppo Fremantle), che ha messo a disposizione competenze tecniche, artistiche e organizzative di primo livello.
Quanto la vostra esperienza con Teach For Italy ha influenzato la realizzazione del progetto?
Il progetto è stato avviato grazie al fondamentale aiuto di Teach For Italy, essendo Andrea Scrosati nel board e avendo Andrea Pastorelli creduto nel progetto sin dalle prime fasi. Grazie alla formazione ricevuta con TFI, abbiamo capito quanto fosse importante rendere la scuola il più porosa possibile e creare un ponte tra di essa e il territorio.
Infatti fin da subito ci è stato chiaro che dovevamo coinvolgere realtà del territorio e permettere ai ragazzi di scoprire il bello che la loro città può offrire e che molto spesso, purtroppo, non conoscono. Ci sembrava anche fondamentale mettere i ragazzi al centro e renderli protagonisti dell’esperienza basando il progetto sui loro bisogni e sulle loro esigenze.
In che modo le ragazze e i ragazzi della Scuola del Fare hanno contribuito al cortometraggio? Cosa ha scaturito in loro il coinvolgimento ai laboratori?
I ragazzi hanno partecipato attivamente a tutte le fasi. Hanno ideato i temi e aiutato nella stesura della sceneggiatura, sono stati i protagonisti del cortometraggio e chi non voleva stare davanti alla macchina da presa si è potuto sperimentare in altri ambiti come quello del trucco/parrucco, della fotografia, delle luci, del suono.
Alcuni ragazzi hanno scritto e cantato la canzone originale del cortometraggio insieme a una leggenda del rap napoletano, Lucariello (autore, tra l’altro, della sigla di Gomorra).
Si sono mostrati fin da subito appassionati al progetto grazie all’entusiasmo con cui io e Matteo l’abbiamo comunicato e portato avanti e grazie anche all’aiuto di professionisti esterni di rilievo che sono stati molto bravi nel coinvolgere i ragazzi. Ha avuto un ruolo fondamentale anche la breve durata di ogni modulo, un mese circa per ognuno e la premialità associata all’intero progetto.
Napoli come sfondo: quanto è importante il legame tra il contesto sociale e il messaggio di “Oreste”?
Napoli sta vivendo un momento d’oro per quanto riguarda l’industria audiovisiva, la città viene scelta sempre più frequentemente da tantissime produzioni cinematografiche e televisive. Essendo quindi la città soggetta a una sovraesposizione mediatica, volevamo rappresentarla in modo differente, senza le solite immagini da cartolina o la solita veduta del Vesuvio, ma rappresentando la città attraverso i suoni e attraverso piccoli dettagli.
Questo approccio è stato anche funzionale per far trasparire la situazione asfissiante in cui si trova a vivere il protagonista e in cui si trovano a dover vivere molti ragazzi che vivono in contesti di periferia e di fragilità in questa città, molto spesso abbandonati al degrado e privi di qualsiasi stimolo culturale. Volevamo comunque dare un messaggio positivo, di speranza. Nonostante questi luoghi attraggano spesso cattiva pubblicità, i ragazzi e le ragazze che li abitano hanno grandissimo sogni per il loro futuro, sono creativi, resilienti e animati dal senso di possibilità.
Qual è il messaggio principale che volevate trasmettere sul tema della povertà educativa e del riscatto sociale?
Il cortometraggio parla di Oreste, un sedicenne che viene da un rione della periferia di Napoli. Oreste vive con la madre e la sorella, in uno stato di grande deprivazione economica. Nonostante le enormi difficoltà che affronta quotidianamente, dentro e fuori di casa, e un padre che lo ha abbandonato lasciandogli un pesante fardello da affrontare, troverà dentro di sé la forza per rompere il meccanismo che lo tiene prigioniero dentro una quotidianità asfissiante e a cercare il riscatto.
La storia di Oreste è la storia di moltissimi nostri alunni e alunne, che si trovano ad affrontare enormi difficoltà quotidiane e che spesso si trovano a vivere in quartieri dove regna il degrado, l’assenza totale di stimoli culturali e di spazi verdi. Inoltre questi quartieri sono spesso mal collegati al centro città rendendo difficili gli spostamenti e convertendoli nel loro microcosmo. È facile intuire, quindi, quanto la scuola diventi un vero e proprio presidio sociale in contesti di fragilità per permettere ai ragazzi di essere protagonisti e non essere lasciati ai margini.
La collaborazione con Fremantle-Wildside e gli altri partner: come è stato collaborare con una realtà così importante nel mondo del cinema? Qual è stato il loro contributo?
Per offrire ai ragazzi un’esperienza altamente professionale e arricchente e allo stesso tempo realizzare un prodotto di alta qualità, il percorso di formazione è stato accompagnato dalla casa di produzione Wildside (del gruppo Fremantle), che ha messo a disposizione, grazie all’appoggio di Andrea Scrosati (CEO), competenze tecniche, artistiche e organizzative di primo livello.
Hanno collaborato, tra i vari, Sonia Rovai (Produttore), Saverio Guarascio (Executive Producer), Claudio Falconi (Executive Producer), Rocco Messere (Organizzatore generale), Daria D’Antonio (DOP), Carmine Guarino (Scenografia) e Pietro Morana (Montatore). Per i ragazzi essere affiancati da professionisti di primissimo livello è stata un’esperienza incredibile da un punto di vista professionale ma anche umano. Alcuni ragazzi sono stati così motivati e affascinati da questa esperienza che si sono dati alla recitazione, altri sono stati scelti per un film, e altri ancora hanno scoperto dei ruoli nella grande macchina del cinema che non conoscevano proprio e che stanno approfondendo.
Il futuro di “Oreste”: avete in programma di partecipare a festival o di proporlo in contesti educativi?
Dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma, vorremmo presentare il cortometraggio in vari festival italiani e internazionali per far sì che possa arrivare a più persone possibili e ci piacerebbe anche proporlo in contesti educativi essendo il messaggio molto potente e meritevole di essere diffuso, dal nostro punto di vista.
Andrea Bernardini
Alumno 2024 – Teach For Italy
