Da bambini crediamo tutti di poter costruire il nostro futuro, di poter seguire i nostri sogni e di diventare tutto quello che vogliamo diventare. Le statistiche, i numeri, purtroppo ci raccontano un’altra storia: ci dicono che molti di voi, molti di noi, vivono un futuro predeterminato, una storia che è già scritta da quando sono bambini. Sono qui per raccontarvi questa storia perché è stata la storia di troppi della mia generazione e non voglio che sia la stessa storia per i bambini di oggi e per i bambini di domani.
Immaginate due bambini: Francesca e Paolo. Entrambi hanno sei anni, Francesca vive in centro a Milano e i genitori sono laureati, Paolo vive in periferia e i genitori non hanno finito le scuole superiori. Francesca pratica sport, frequenta una classe di musica e sta già imparando l’inglese, i suoi genitori partecipano a tutti gli incontri con gli insegnanti. I genitori di Paolo sono distratti, troppo impegnati, stressati dal lavoro, non lo seguono e non credono che l’istruzione possa fare la differenza per lui. Per lui niente inglese, niente musica, poco sport.
Francesca e Paolo, in realtà, come tutti i bambini di sei anni sono identici: amano giocare, disegnare, entrambi da grandi vogliono fare l’astronauta. Purtroppo, le loro storie partono da ambizioni simili, ma avranno due futuri molto differenti tra loro: i dati ci dicono che nell’Italia di oggi Francesca sarà un’architetta, o un medico, una professionista; Paolo diventerà un NEET. Sono come due treni su due binari paralleli che vanno in direzioni opposte.
Francesca e Paolo rappresentano milioni di vite di italiani, per cui la condizione socioeconomica, il quartiere dal quale provengono, il livello di istruzione dei genitori e la scuola scelta determinano il proprio futuro. E purtroppo in Italia oggi mentre le storie come Francesca diminuiscono, quelle di Paolo si moltiplicano: quali sono gli elementi che possono fermare quel treno che conduce ad un futuro predeterminato?
Possiamo come paese e come società accettare questa ingiustizia?
Questa perdita di talenti e risorse umane?
Ce lo possiamo permettere?

Solo il 6% dei bambini i cui genitori non hanno terminato le scuole superiori otterrà la laurea. (World Economic Forum, 2020)

Il 65% resterà allo stesso livello di istruzione. (World Economic Forum, 2020)
La scuola pubblica dopo decenni di disinvestimenti, mancate riforme e una forte diminuzione dell’importanza sociale dell’istruzione, non riesce più a colmare le disuguaglianze educative e strutturali che esistono nel nostro paese.
Ma il ruolo dell’insegnante continua ad avere un peso cruciale nello sviluppo della persona: un insegnante può cambiare il corso di quel treno e aprire un mondo di opportunità, trasformando le competenze degli studenti, la loro visione del mondo e di sé stessi.
Vogliamo migliorare la scuola pubblica italiana partendo dalle aree con marcata povertà educativa, offrendo talenti che non avrebbero pensato all’insegnamento. Ma non solo: vogliamo trasformare l’ecosistema educativo italiano e per farlo formiamo agenti del cambiamento che rimangano all’interno del sistema e costruiscano un movimento, nato dai contesti più complessi, che porti avanti una visione diversa di scuola, più equa, più inclusiva, più innovativa.
